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Il corpo

«È faticoso aprire la bocca, come non lo avessi mai fatto prima”.»

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Le parole

«il  tuo tono di voce era molto asciutto, il ritmo delle parole schematico come se stessi proponendo un nuovo piano luce e gas a una qualunque persona.»

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La relazione

«Posso dirti cosho provato io ascoltandoti?»

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Piccoli Esperimenti

«hai voglia di camminare un po’? Vuoi raccontarmi come stai quando indossi queste belle scarpe rosse?»

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Il corpo

In un processo di terapia il corpo è uno strumento prezioso perché contrariamente alle parole, non mente.

Il corpo è lelemento visibile; la sede dellovvio; è il veicolo principale con cui facciamo esperienza.

La mia curiosità come terapeuta della Gestalt è anzitutto per ciò che appare, ancor prima di interessarmi a ciò che esso possa significare. Occorre quindi che io osservi, ascolti con attenzione il corpo del paziente, per scoprire ciò che da sempre abita lì: respiro corto, spalle incurvate, angoli della bocca rivolti verso il basso, mandibola costantemente serrata. Secondo Reich (1994), noto psicanalista austriaco, nel corpo è manifesta la biografia di una persona. Allora il mio interesse va proprio a quel corpo; un corpo che spesso si prende responsabilità di processi negati a livello del pensiero, così come di emozioni delle quali non sempre siamo consapevoli.

Il corpo parla usando un linguaggio specifico, risuona con le esperienze registrate sulla nostra pelle. Può rivelare in maniera silenziosa contraddizioni e cronicità: mi racconti della tua tristezza col sorriso sulle labbra? Descrivi la tua rabbia e il respiro ti si fa corto?

Saper cogliere queste incongruenze, così come le rigidità, le tensioni o la ripetitività di un gesto, renderli visibili al paziente, rappresenta una reale occasione di cambiamento.

Attraverso la proposta di un lavoro corporeo, ciò che offro al paziente è la possibilità di fare un piccolo esperimento insieme a me. Un’esperienza che aggiunga un  elemento di novità, che dia un significato nuovo a un comportamento familiare e che il paziente potrà scegliere di replicare nella sua vita.

Facilitare lespressione delle emozioni permette di far dialogare quelle parti di sé che, essendo in conflitto, portano allinerzia, alla delusione e alla sofferenza. La trasformazione della tensione in espressione, favorisce una riappropriazione consapevole di quelle parti prima ignorate, permettendo di trovare un nuovo adattamento creativo, un rinnovato equilibrio, a partire dalle risorse che il paziente già possiede. In questo modo sarà finalmente in grado di accogliere e accettare ciò che fino a quel tempo aveva trascurato oppure contrastato, imparando a riconoscere nel corpo i propri bisogni, a formulare soluzioni creative per riuscire a soddisfarli, uscendo finalmente dalla spirale dellimmobilismo, della frustrazione e dellinsoddisfazione.

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Le parole

Quando ci incontreremo ti conoscerò attraverso le tue parole.

È convinzione diffusa che luso abile delle parole sia uno degli strumenti di lavoro del terapeuta. Non posso negare questevidenza, ma è altrettanto ovvio che ne siamo tutti equipaggiati, abbiamo lo stesso strumento e possiamo imparare a padroneggiarlo. Occorre solo cominciare a rallentare per poterci rendere conto di come, e quanto, le parole che noi scegliamo influenzano le nostre esperienze e i nostri vissuti, perché sono anzitutto lelemento grazie al quale formuliamo i nostri pensieri.

E allora, perché un cambiamento sia possibile, è necessario che io e te iniziamo a sperimentare, che tutti noi abbiamo il potere di modificare il modo di porci nei confronti della vita e dellaltro, imparando a scegliere con cura le nostre parole.

Per il momento vorrei mi conoscessi un po’ di più attraverso 3 parole che, nella mia visione, rappresenteranno gli ingredienti del nostro viaggio insieme. Perché occorre una certa dose di CORAGGIO per decidere di mettere in discussione se stessi. PAZIENZA, perché avvenga un cambiamento serve del tempo. FIDUCIA che la scelta fatta sia quella giusta per noi.

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La relazione

Che sia la relazione tra paziente e terapeuta a garantire lefficacia della terapia stessa è fatto ormai noto non solo alla comunità scientifica. Questo significa che per riuscire a raggiungerti e potermi occupare della sofferenza che da solo non riesci a lasciare andare, per poterti sostenere nel trovare e conquistare le soddisfazioni che cerchi, non basta che tu ci sia. Perché il nostro tempo costituisca unesperienza nutriente, occorre sia reale. È necessario che anchio sia disposta a stare nella nostra relazione in modo autentico; lasciarmi toccare dal legame costruito in questo spazio: il mio studio, il tuo tempo, la nostra esperienza insieme. Quando il paziente tocca da vicino unemozione grande, anche io sento nel corpo delle sensazioni, ascolto in che modo le sue parole possono risuonare in me. Renderti partecipe della confusione, imbarazzo, rabbia, tristezza o eccitazione, che potrei provare stando di fronte a te, sarà lesperienza più preziosa che possa offrirti.

Quando il terapeuta porta attenzione anche su di sé, e condivide con fiducia sensazioni ed emozioni sperimentate in seduta, offre al paziente la grande opportunità di sentire, forse per la prima volta, leffetto che può avere sullaltro. Accadrà che io ti dica: «il modo in cui parli mi fa contattare la rabbia», oppure «mi sono accorta che oggi non mi guardi e questo mi fa sentire sola». Rendere manifeste le sensazioni che il terapeuta prova, non solo autorizza il paziente a poter dichiarare certe emozioni, e prima ancora a entrare in risonanza con esse, ma aumenta la consapevolezza del modo in cui si pone nella relazione con laltro. Questa scelta di contatto pieno interrompe, mette in crisi, gli schemi abituali ormai cronicizzati che il paziente utilizza anche nel rapporto col terapeuta, lasciando spazio a qualcosa di nuovo.

Quello che succede tra noi, quello che io posso registrare sulla mia pelle, racconta tanto del modo in cui crei e vivi una relazione, sia essa col partner, un amico o appunto il tuo analista.

Questo ha indubbiamente a che fare anche con la mia storia, non lo scordo mai…

Motivo per il quale, grazie a un continuo aggiornamento e lavoro su me stessa, mi impegno da anni a non riempire lo spazio del nostro incontro coi miei irrisolti. Perseguo limpegno del cercare la strada per permettere  che anche tu possa vedermi.

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Piccoli esperimenti

È opinione diffusa che il lavoro terapeutico si compia stando comodamente in poltrona a parlare. Psicoterapeuta e paziente sono uno di fronte allaltro, e tra di loro avviene un dialogo, importante e profondo, tuttavia fatto di parole.

Nel mio studio però non sempre si rimane seduti.

Potrei chiederti di camminare. Di stare in piedi per il tempo necessario affinché tu possa sentire la fatica che le tue gambe fanno per sostenerti. Potrei proporti di tenere i pugni stretti più che puoi, farti sperimentare quanta forza e tenacia occorra per rimanere in quella posizione, nello stesso modo in cui trattieni convinzioni, persone o dolore.

Durante il nostro scambio, se noto un cambiamento nel tuo corpo o, allo stesso modo, se mi accorgo che oggi le parole non sono efficaci, potrei domandare: «cosa sta succedendo dentro di te?». Questa modalità, alle volte, crea confusione o imbarazzo. Potresti non trovare la risposta ma avere la convinzione di doverla conoscere. Oppure non sapere cosa ascoltare, se i pensieri della mente, le sensazioni del corpo, le emozioni che avverti nel petto.

A questo punto posso proporti di fare, insieme, un piccolo esperimento. Solo dopo ti chiederò: «Cosa senti nel corpo quando rimani seduto sullestremità della mia poltrona senza concederti mai un podi comodità? Come sei stato nel sorreggere il mio peso sulle tue spalle (letteralmente) così come fai con tutte le persone a cui tieni?» Queste proposte mi permetteranno di condurti a esplorare emozioni e sensazioni che, uscendo dallo spazio del racconto, diventano reali. Opportunità di agire che non sono nel passato e nemmeno nellimmaginazione. Si trasformano in possibilità di azione nel presente. Succede ora e ci riguarda entrambi.

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