Chissà come sei capitato tra queste pagine, forse qualcuno ti ha fatto il mio nome? Oppure navigando mi hai trovata accidentalmente? Beh, qualunque sia il motivo che ti ha condotto a me, non è così rilevante che io lo sappia. È invece importante ti dia il benvenuto e ti permetta di conoscere qualcosa di me, ancor prima che tu decida di incontrarmi.
Mi chiamo Manuela Stano, lavoro come psicoterapeuta della Gestalt e come trainer cognitivo dell’Apprendimento. Questa, però, è solo la fine della mia storia! Voglio iniziare dal principio; per farlo sento il bisogno di rallentare, prendermi il giusto tempo, non mi piace ci sia fretta per noi e tra noi…
La mia infanzia trascorre serena, l’adolescenza, al contrario, è un periodo critico, buio, che mi segna profondamente. Ma sono determinata, lo sono sempre stata, vado avanti non occupandomi troppo di quella ferita. Ora so che, a quel tempo, evitare la mia sofferenza, è stata l’unica soluzione che ho trovato per me, dunque anche l’unica possibile.
Ho frequentato lo scientifico, fin da bambina sapevo sarei andata all’università e ai miei tempi c’era la credenza che solo il liceo permettesse di frequentarla. Volevo lavorare come odontoiatra; non so davvero spiegarmi il motivo visto che oggi, così come allora, la paura serpeggia immutata sotto pelle ogni volta che effettuo anche solo un controllo di routine. Fino ai 18 anni quest’idea, pur non avendo forma, non mi ha mai abbandonata. Durante le lezioni di filosofia arriva, inaspettato, l’incontro con Freud. Non so dire se sia stato un colpo di fulmine, senza dubbio è nato un autentico trasporto, il che mi ha portata a reinventare il mio progetto abbozzato proprio a ridosso dell’esame di maturità. Poi gli studi universitari, il tirocinio, l’esame abilitante, un master post lauream, la scuola di specializzazione per diventare psicoterapeuta, insomma, un percorso lineare e privo di fervore, come cavalcassi le mie scelte senza sentir crescere il desiderio per l’avvicinarsi del traguardo.
Inizio a lavorare durante gli studi diventando socia di una piccola cooperativa per la cura di pazienti psichiatrici. Qui conosco Iole, una donna speciale che sostiene il progetto e supervisiona il lavoro dell’équipe di educatori. Intuisco da subito che si tratta di una persona che ha qualcosa di interessante da dire, un qualcosa che risuona a un livello ancora inconsapevole. Oggi, parlando di me, non posso non pensare a lei…a Iole!
Ho il ricordo di una nostra telefonata: io che la chiamo spaventata perché una giovane ospite della struttura minaccia di aggredirmi. Lei, semplicemente, mi chiese di pensare a cosa avessi fatto per mettermi in pericolo, quale fosse stata la mia responsabilità. Rimasi perplessa e arrabbiata per diversi giorni. Mi aspettavo comprensione, non una strategia per evitare che potesse riaccadere. Mi ritrovai con un interrogativo al quale, all’epoca, non riuscivo a dare risposta, probabilmente perché cercavo colpe e responsabilità solo fuori di me. Compresi quel prezioso insegnamento molto tempo dopo, quando iniziai a modificare la direzione del mio sguardo.
Ho lavorato per la cooperativa oltre 10 anni ricoprendo ruoli differenti. Nonostante avessi chiaro che il mio tempo lì ormai fosse esaurito, sono rimasta per lungo tempo, anche dopo la morte di Iole. Riconosco di essermi appoggiata a quella certezza soprattutto dopo esser diventata madre. E come spesso accade quando non riesci a prendere una decisione che incalza, e che sai essere un salto nel buio, qualcun altro decide di farlo al posto tuo, impiegando la stessa delicatezza che occorre per togliere un cerotto. Un giorno è successo e basta. Rincasai prima del previsto, messa alla porta da coloro che io stessa avevo assunto.
Mi ritrovai spaventata e preoccupata, non posso negarlo, ma una parte di me, in quel momento, ha sentito di potersi finalmente svincolare dalla morsa che spesso mi aveva trattenuta, facendomi ripiegare per anni sulla scelta della cosa giusta da fare.
I primi mesi sono stati difficili, non sapevo cosa farmene di tutto quel tempo, come gestire un ritmo lento. Molte paure sopite dalla rassicurante certezza di un impiego stabile, riemersero prepotentemente. Il desiderio di definirmi come psicoterapeuta necessitava, ora più che mai, di essere ascoltato.
Mi formo come trainer cognitivo dell’Apprendimento seguendo con entusiasmo i corsi del prof.re F. Benso tra Torino e Genova, prendo confidenza con l’utilizzo di numerosi test psicodiagnostici.
Inizio il mio primo percorso di analisi personale scegliendo una terapeuta della Gestalt. Per malinconia? Per affinità di pensiero? Credo per entrambe le motivazioni. La mia mente si apre, trova sfogo e respiro in un linguaggio originale, un sistema di pensiero che finalmente riesco a comprendere e a cui sento di voler appartenere senza esitazione. Inizio un percorso di Gestalt counseling e, in un batter d’occhio, sono di nuovo sui libri, scoprendo in me una passione inaspettata o forse mai realmente percepita. Mi avvicino alla pratica della meditazione e dello yoga, occupandomi di quella necessità che non risiede nella mente ma piuttosto nel corpo. Insieme a un collega, nonché oggi caro amico, ho elaborato il protocollo di utilizzo di uno strumento dalle potenzialità terapeutiche eccezionali, il piano armonico. Nello stesso periodo attuiamo una collaborazione con Oxana Kichenco, ex ballerina del Bolshoi Ballet Theatre di Mosca. Conosco un mondo nuovo, quello della danza classica, ed insieme a Oxana realizzo un programma di intervento specifico e individualizzato per le aspiranti ballerine professioniste.
È il 2015, nasce la mia seconda figlia; sono felice e piena di fiducia. È il momento di volare. Decido di avviare lo studio privato. Un luogo che, per potersi realizzare così come lo scoprirai tu, ha dovuto trovare il suo spazio prima nel mio cuore.
Non voglio dilungarmi oltre, ma qualcosa di me sentivo l’urgenza di raccontartela proprio adesso, questo è il momento più delicato e importante di quella che sarà la nostra storia insieme, il momento della tua scelta, è giusto che tu possa farla conoscendomi almeno un po’.